La Legge Capitali n. 21/2024, interviene su diversi aspetti, tra cui il diritto di voto plurimo, e precisamente:
📍 per le società quotate modifica l’art. 127 TUF: viene incrementato il voto maggiorato ordinario di un voto per azione, per ogni 12 mesi di detenzione, fino a un massimo di 10 voti, con attribuzione del diritto di recesso;
📍 per le non quotate modifica l’art 2351 Cod. Civ.: viene incrementato il fattore moltiplicatore da 3 a 10 voti per azione.
Il voto plurimo (non ammesso per le quotate, se non in specifici casi) rafforza la posizione del socio fondatore, il voto maggiorato premia l’azionista fedele. L’Italia si allinea così, almeno in parte, ad alcuni paesi Europei ed extra Europei come Svezia, Olanda, Francia, UK e USA.
Soffermandoci sulle società non quotate, rappresentanti circa il 99% del tessuto industriale italiano, nel rispetto della propria autonomia statutaria, potrebbero stabilire o limitare nei propri statuti il voto plurimo su determinate decisioni e/o fatti, adattandoli alle specifiche esigenze.
Il voto plurimo è certamente uno strumento utile:
➡ per facilitare l’ingresso di terzi nel capitale, permettendo al socio fondatore di mantenere la gestione, almeno per un certo lasso di tempo;
➡ ai soci fondatori di start up, spesso giovani, per gestire la società con un basso apporto di equity;
➡ per dare avvio a un passaggio generazionale.
Un limite al voto plurimo è dato dal disallineamento, per i soci di minoranza, tra il maggior investimento e il minore potere decisionale, con conseguenti maggiori rischi. Tuttavia, su questo, potrebbe intervenire il legislatore inserendo elementi compensativi a favore delle minoranze, come per esempio diritti privilegiati e/o benefici fiscali, rendendo così più attrattivo l’investimento anche per gli investitori istituzionali.
Il voto plurimo è uno degli strumenti che permette alle società non quotate, indipendentemente dalle loro dimensioni, di “uscire dal proprio guscio”, di evolversi in una logica più internazionale aprendosi maggiormente al mercato dei capitali e ridefinendo così la propria strategia finanziaria (alternativa ai classici canali di approvvigionamento), di mercato, di governance e successoria.
Il professionista ha l’importante compito di far conoscere e comprendere ai capitani di impresa questo strumento di intervento affinché possa essere utilizzato per le loro strategie aziendali e familiari.