La Sentenza dà finalmente certezza al trattamento fiscale di una fattispecie che ricorre spesso sia in ambito commerciale che in ambito familiare.
Nel corso degli anni, infatti, si era generato un orientamento altalenante sia della giurisprudenza di merito che della stessa Cassazione che costringeva gli addetti ai lavori a operare in un contesto normativo estremamente incerto.
In sintesi gli orientamenti precedenti:
📍 secondo l’Agenzia delle Entrate si sarebbe dovuta applicare la tassazione dell’1% ex art. 3, Tariffa Parte I del DPR 131/1986 (Atti di natura dichiarativa relativi a beni o rapporti di qualsiasi natura);
📍 secondo la dottrina più autorevole (Cfr. Studio Fondazione Notariato del 2018) l’atto andava assoggettato all’imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro ex art. 11 Tariffa Parte I del DPR 131/1986 (Atti pubblici e scritture private autenticate non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale);
📍 l’orientamento della Giurisprudenza è stato invece ondivago muovendosi dall’applicazione dell’aliquota dello 0,5% prevista per gli atti di remissione del debito prevista dall’articolo 6 della Tariffa Parte I al DPR 131/1986, fino all’applicazione dell’imposta in misura fissa da ultima sostenuta anche dalla Corte di Cassazione (Cfr. Cass. 11 gennaio 2018 n. 481).
⚠ Attenzione però che la natura ricognitiva dell’atto va accertata caso per caso perché qualora dall’atto dovessero discendere effetti modificativi della situazione giuridica preesistente, secondo la Corte si applicherebbe l’aliquota dell’1% ai sensi dell’articolo 3 della Tariffa, parte I, del DPR 13171986.