L’istante pone un quesito in merito alla possibilità di rettificare, mediante dichiarazione integrativa, il contenuto dei campi ove è stata esercitata una opzione diversa da quella che intendeva effettuare.
Nello specifico, il riallineamento è stato esposto erroneamente nella sezione VI-A del quadro RQ (ex art. 176, c. 2-ter, del Tuir) anziché nella sezione XXIIIB dello stesso quadro RQ (art. 1, commi da 696 a 704, della L. n. 160/2019). Sempre erroneamente, l’imposta sostitutiva è stata versata utilizzando il codice tributo 1126 relativo al riallineamento ex art. 176 del Tuir e non il codice 1811 relativo al riallineamento ex art. 1, commi 696 e seguenti della L. n. 160/2019.
👉 L’istante chiede di sapere se può rimediare tramite la presentazione di una dichiarazione integrativa ricorrendo al ravvedimento operoso e rettificando il codice tributo indicato nel modello F24 tramite Civis.
👉 Ove tale soluzione non fosse percorribile, l’istante ritiene di poter sanare l’errore recuperando la somma tramite credito d’imposta.
❗ Bocciate entrambe le soluzioni del contribuente.
📣 L’ADE chiarisce che ai fini del perfezionamento della rivalutazione agevolata disciplinata dal Bilancio 2020 rileva la corretta compilazione del quadro RQ nella dichiarazione annuale in cui l’opzione stessa è esercitata ossia indicando il riallineamento nella sezione XXIII-B del quadro RQ. A rafforzare l’Agenzia, è il versamento dell’imposta sostitutiva indicando nel modello F24 il codice tributo 1126 corrispondente all’imposta sostitutiva prevista in caso di riallineamento fiscale ai sensi dell’articolo 176, confermando, in tal modo, l’opzione espressa nella dichiarazione dei redditi attraverso la compilazione della sezione VI-A del quadro RQ.
Quanto alla possibilità di avvalersi del ravvedimento operoso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che detto istituto non può essere utilizzato per modificare scelte o correggere errori o omissioni compiuti in applicazione di regimi opzionali.
Al massimo, secondo l’Agenzia, lo strumento volto a evitare che al contribuente sia preclusa la possibilità di fruire di benefici fiscali/regimi opzionali, è l’istituto della remissione in bonis; ma anche tale possibilità non risulta percorribile per superamento dei termini e per il venir meno della buona fede del contribuente, considerando, il tardivo assolvimento dell’obbligo di comunicazione oppure dell’adempimento di natura formale, un mero ripensamento.
Per recuperare la maggiore imposta sostitutiva versata, l’istante può presentare istanza di rimborso entro 48 mesi dal versamento, non ritenendo ammissibile il riconoscimento di un credito d’imposta in conformità a quanto disposto dall’art. 3, commi 2 e 3, del DM n° 86 del 19 aprile 2002.
Approfondimento a cura di Salvatore Esposito